Annullamento assegno divorzile con ex moglie che lavora





Il quesito riguarda l'assegno divorzile. Ho quasi 70 anni e mi sono separato nel 2005, dopo 7 anni circa mi sono divorziato perchè ho incontrato sulla mia strada una donna con cui volevo contrarre matrimonio. La mia ex moglie per concedermi il divorzio consensualmente ha voluto che nell'atto di divorzio venisse riconosciuto a lei un importo di euro 50, mentre per mio figlio e 200 da versare su una prepagata a lui intestata. Ho compreso benissimo che l'assegno sottintendeva un riconoscimento economico sulla pensione in caso di morte, e per questo ho voluto compensare la disparità che si sarebbe potuta verificare con l'attuale moglie, con una polizza assicurativa la cui beneficiaria è l'attuale moglie. Purtroppo disconoscevo che questo diritto acquisito si estendeva anche alla liquidazione dell'indennità' di quiescenza in ragione del 40% del periodo del matrimonio, ovvero dal giorno della celebrazione fino alla sentenza di divorzio e non di separazione. Con la mia ex moglie sono stato sposato dal 1978 fino al 2005 (atto di separazione consensuale) e successivamente nel 2012 atto di divorzio. Una nota va comunque evidenziata, ovvero nel 1998, ho dato le dimissioni dalla società dove lavoravo sono stato liquidato per l'indennità spettante per poi essere riassunto quasi contestualmente nella nuova società dove sto concludendo i miei ultimi mesi prima della quiescenza. Quindi l'arco temporale che dovrei riconoscere alla mia ex indagine degli anni di matrimonio dovrebbe essere dal 1998 fino al 2012 atto di divorzio.
La mia domanda è se mi posso sottrarre a questa ingiustizia, ovvero ricorrere all'annullamento dell'assegno divorzile e quindi ad ogni diritto collegato (indennità di quiescenza) in quando la mia ex moglie lavora sin dal 1983 nel pubblico impiego ed ora con il grado di 7 livello, percependo uno stipendio di poco inferiore al mio?

RISPOSTA

Trattandosi di procedimento di divorzio consensuale e non giudiziale, l'assegno divorzile potrebbe essere annullato soltanto per vizi della volontà, espressa dal marito, al momento del divorzio (violenza, dolo etc etc).
Ad ogni modo, a prescindere dall'annullamento dell'assegno divorzile, abbia giurisprudenza per te favorevole, come sarà meglio specificato di seguito.



Mio figlio ha 34 anni ed è in procinto di laurearsi ed il mio impegno di padre come da sempre è stato di essere sempre presente e di sostenerlo anche economicamente ben oltre l'importo stabilito dell'atto di divorzio e questo avverrà fin quando non si renderà autonomo economicamente. In attesa di un Vostro consiglio a riguardo o di quanto dovrei saldare per la consulenza, colgo l'occasione di porgere cordiali saluti.

RISPOSTA

Trattandosi di un assegno divorzile di importo simbolico, privo della funzione assistenziale nei confronti del coniuge economicamente più debole, la tua ex moglie non avrà diritto alla pensione di reversibilità, salvo mutamenti della giurisprudenza di Cassazione, negli anni a venire.
L'articolo 9, comma 2, della legge del 1° dicembre 1970 n. 898 prevede che, in caso di morte dell’ex coniuge obbligato alla corresponsione di un assegno periodico di mantenimento all’altro coniuge in forza di una sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio o di divorzio, l’ex coniuge superstite ha diritto alla pensione di reversibilità. Secondo la Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza del 28 settembre 2020, n. 20477 per il configurarsi del diritto alla pensione di reversibilità è necessario che siano rispettati i requisiti previsti dall’art. 5, della legge n. 898/1970 e, in particolare, che l'assegno divorzile assolva alla finalità di tipo assistenziale e perequativo-compensativa, consentendo “all’ex coniuge il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, riconoscendogli in specie il ruolo prestato nella formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”. In caso di assegno divorzile simbolico ovvero di importo sensibilmente inferiore all'ipotetica pensione di reversibilità, lo stesso non avrebbe alcuna effettiva funzione assistenziale, pertanto la pensione di reversibilità non spetterebbe al coniuge superstite. La funzione della pensione di reversibilità al coniuge divorziato superstite è proprio quella di sopperire alla perdita economica dovuta al venire meno del sostegno economico che il coniuge deceduto, mensilmente, gli assicurava … se gli importi versati a titolo di pensione di reversibilità fossero di gran lunga superiori alla somma corrisposta a titolo di assegno divorzile …
Passiamo all'argomento “quote di TFR”; il diritto ad una quota del TFR ai sensi dell'articolo 12 bis della legge sul divorzio, è un diritto autonomo collegato automaticamente alla fattispecie legale di titolarità di assegno divorzile.
La formula usata dal legislatore nell’art. 12-bis, è analoga a quella usata dall’articolo 9, il quale subordina il diritto alla pensione di reversibilità, ovvero ad una quota di essa, alla circostanza che il coniuge superstite divorziato sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5 della medesima legge, cioè “all’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale”. Ne discende, per ragioni d’ordine logico-sistematico (non potendosi dare, nell’ambito del medesimo testo legislativo e senza alcuna ragione, una diversa interpretazione a norme di uguale tenore), che il sorgere del diritto alla quota dell’indennità di fine rapporto non presuppone la mera titolarità in astratto di un assegno di divorzio (cioè la possibilità di beneficiarne) e neppure la percezione, in concreto, di un assegno di mantenimento in base a convenzioni intercorse tra le parti, ma presuppone che l’assegno sia stato liquidato dal giudice nel giudizio di divorzio ai sensi dell’art. 5 citato ovvero successivamente quando si verifichino le condizioni per la sua attribuzione (Cass. civ. Sez. I, 1 agosto 2008, n. 21002). Analogamente il Tribuna di Milano Sez. X, sentenza del 22 luglio 2011, ha precisato che il diritto alla quota dell’indennità di fine rapporto da parte del’ex coniuge presuppone che l’assegno sia stato liquidato dal giudice nel giudizio di divorzio. L’orientamento era stato già precisato da Trib. Milano Sez. IX 18 giugno 2009 secondo cui il sorgere del diritto del coniuge divorziato a percepire una quota dell’indennità di fine rapporto non presuppone la mera debenza in astratto di un assegno divorzile ma presuppone che l’indennità di fine rapporto sia percepita dopo che una sentenza abbia liquidato un assegno ex articolo 5 della n. 898/70 ovvero dopo la proposizione del giudizio nel quale sia stato successivamente liquidato l’assegno di divorzio.
In concreto, non soltanto l'ex moglie deve percepire l'assegno divorzile, ma tale assegno deve rispondere ad una funzione assistenziale di cui al comma 6 dell'articolo 5 della legge sul divorzio: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
Articolo 12-bis. Legge 01/12/1970 n° 898
1. Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza.
2. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

Tanto premesso, considerata la funzione non assistenziale dell'assegno divorzile di 50 euro, secondo questa giurisprudenza, la ex moglie non avrebbe diritto né alla pensione di reversibilità, né alla quota di TFR.
Attenzione, si tratta pur sempre di giurisprudenza … non di legge!
La giurisprudenza non vincola il singolo giudice del tribunale civile, pertanto un caso di contenzioso con la tua ex moglie, potresti anche soccombere processualmente.
Diciamo che non hai la certezza di una vittoria processuale nei confronti della tua ex moglie, poiché la giurisprudenza non potrebbe rassicurarti fino a questo punto …
A disposizione per chiarimenti.
Cordiali saluti.

Fonti:

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